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Museo della Valcavasia
Strada con muratura a secco
 

Soprattutto nella parte centro occidentale del territorio comunale di Cavaso i muretti a sasso costituiscono un'entità urbanistica ed architettonica ben evidente, lungo le strade che collegavano o collegano fra loro i vari colmelli e questi ultimi con le zone dei prà da acqua o con l'area delle rive pedemontane.

I muretti, generalmente a secco o con legante povero tra un sasso e l'altro, sono stati costruiti con pietre di Biancone o di Scaglia rossa.

Il primo tipo di roccia si ritrova di frequente come pietra d'angolo o di testata, poiché la resistenza alle intemperie è elevata e lo spessore di strato da cui si estraevano i pezzi utilizzati poteva raggiungere anche i 20-25 cm.

La Scaglia rossa è stata invece utilizzata per edificare la parte lineare del muro o per realizzare, con gli sfridi di lavorazione, una copertura ad émbrice nella parte sommitale del muro a secco, al di sopra di eventuali lastre di copertura a risega sporgente.

In alcuni casi, specie in vicinanza delle abitazioni o lungo le stradine all'interno dei colmelli, gli sfridi possono essere sostituiti con coppi fatti a mano, fissati con legante magro; in altri la struttura è abbellita con pietre a selce nera o rossastra o che contengono tracce di Ammoniti fossili.

Una tipologia del tutto particolare, quella del muretto a secco con lastre verticali (làste in pié) si ritrova lungo strade di fondovalle, strade occasionalmente percorse da acque torrenziali o lungo muri di cinta confinanti con vallecole vere e proprie (Stradón dé Oje e Strada del Fossà nel colmello di Oblédo; strada pedemontana in località Cava Rossa).

I muretti a secco sono verosimilmente diventati un elemento importante per l'economia locale durante il tardo Medio Evo ed il primo Rinascimento, quando le razionalizzazioni delle strutture viarie ed urbanistiche dei vari colmelli hanno risentito delle buone disponibilità finanziarie di proprietari terrieri.

Queste, a loro volta, erano derivate dall'allevamento di bovini e di ovini, dalla lavorazione della lana, dall'utilizzo delle segherie, dei mulini e dei folli da panni azionati dall'acqua, o connesse all'attivazione delle cave di pietra da taglio, alla maestria degli scalpellini ed alla commercializzazione delle pietre lavorate da questi ultimi.

I muretti a secco sono stati la risposta a due esigenze: o per la divisione dei vari fondi agricoli o per il contenimento  del terreno nel declivio pedemontano.

Il continuo dilavamento da parte delle acque meteoriche ha sempre asportato una cospicua porzione del terreno che si è formato sulle pendici delle rive, mettendo spesso a nudo la roccia madre (Scaglia rossa) o frammenti più o meno grossolani derivati dal disfacimento chimico-fisico della stessa (é slandróne).

La bonifica delle rive si attuava con la zappa, dando origine ad un ambiente utilizzabile poi ai fini agricoli più modesti, di sussistenza (él sapà).

Gli sfridi di superficie venivano via via asportati e posti sulla parte sommitale dei muri a secco o utilizzati per rimbonire o per rifare il fondo stradale danneggiato dal ruscellamento delle acque e dal discendere a valle delle slitte (é sdódoe) cariche di legna o di fieno sfalciato nell'area montana.


 
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